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Non posso fuggire da ciò che sono
Inviato da fottutoschiavo su 01/09/2025 20:331. Un’amica comune
Erano gli anni degli studi universitari.
Io e la mia ragazza, Silvia, eravamo due fuori sede provenienti da vicine province. Ci conoscevamo da tanto, ed eravamo una di quelle coppie che si formano subito dopo finita la scuola superiore e sembrano che debbano durare fino al matrimonio.
E forse sarebbe stato così se Melissa non fosse entrata nella nostra vita.
Conoscemmo Melissa al terzo anno di studio.
Vista, l’avevamo già vista più volte nelle aule, ma quell’anno i due gruppi dei rispettivi amici si fusero, e si inziò ad uscire insieme ogni giorno.
Anzi, fu proprio Silvia a stringere per prima amicizia con Melissa lei e a presentarmela.
Silvia era una ragazza nella norma, carina, non molto alta, ma molto sveglia e sensibile.
Melissa invece era proprio bella. Una strafiga, per capirci. E con un’altezzaragguardevole, che la poneva naturalmente al di sopra delle normo dotate come Silvia.
Magari non era una cima negli studi, ma i suoi modi di fare, tra lo strafottente e il me-ne-frego-tanto-sono-figa, erano capaci di rapire le fantasie di ogni ragazzo. Soprattutto le mie.
A Melissa piaceva fare discorsi sulla sua superiorità. Si diceva migliore di tutti e tutte; lo faceva con tono scherzoso, ma la cantilena era un po’ seccante.
Un atteggiamento che però colpì subito il mio istinto da feticista represso, quello di uno che non ha mai avuto un’occasione nella vita di dare sfogo alle sue fantasie fetish ed è troppo sfigato per realizzarle con la ragazza con cui sta, agli occhi della quale non vuole apparire un idiota.
Insomma, a quei tempi ero proprio uno sfigato: uno di quelli che quando conosce una ragazza prima le guarda i piedi e poi il culo. Brutta storia per me, perché Melissa si vestiva sempre in modo da mettere in risalto il suo bel fisico. Le sue mille scarpe diverse, sexy e provocanti, avevano già da tempo segnato il destino della mia povera anima e soprattutto quello dell’ancora più incolpevole Silvia.
Sarà stata la mia faccia da allocco, o la mia incapacità di rimanere un amico dai commenti imparziali quando si presentava vestita sexy come sapeva, fatto sta che Melissa, forse capendo al volo la mia attitudine da sottomesso, iniziò quasi per caso un gioco con me … anzi, “il Gioco”.
Una sera di fine estate, io e il mio gruppo di amici, con Silvia e Melissa, eravamo tutti a casa di un amico comune per un dopo cena rilassante. Eravamo in camera di questo amico in dieci, come succede nelle case studentesche dei fuori sede, e Melissa era sdraiata insieme ad altri sul materasso del padrone di casa.
Oltre a un po’ di musica l’atmosfera era coronata da piacevoli discorsi, un po’ di fumo, e un immancabile cocktail di preparazione nostrana: Bellini quella sera.
Melissa, avendo finito il suo drink ma non essendo intenzionata ad alzarsi dal divano, vuoi per pigrizia, vuoi per non perdere il privilegio, si rivolse a me:
– “Ohi, Me ne versi un altro po’?”
– “Sempre comoda tu eh?”
– “Certo! Io sono la vostra Regina, e devo essere servita”
Ecco la nenia di cui vi parlavo. Spesso si auto proclamava regina e chiamava tutti gli altri schiavo, servo, plebeo … cose così, per ridere e fare battute sulla sua superiorità.
Versai il Bellini e glielo porsi:
– “Tieni”
– “Grazie schiavo”
– “Prego Regina”
Era la prima volta, una cavolata. Tanto che ormai gli amici non ci facevano più neanche caso … ma mi aveva già sfondato il cuore.
Il Gioco spesso veniva riproposto da lei o sporadicamente anche da me, quando eravamo soli, sempre per cose soft e sciocche come questa.
Poi col passare del tempo lei cominciò ad interessarsi a me, ed usò il Gioco per tenermi vicino a lei, cominciando il lento, ma inesorabile, inasprirsi dei suoi rapporti con Silvia.(continua)
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2. L’Università
Ricominciò l’università e fin da subito i corsi d’ottobre richiesero un impegno pomeridiano di studio. Ci organizzavamo per studiare insieme, io, Melissa, Silvia e gli altri amici. A volte capitava però che ci si ritrovava anche da soli.
Ricordo la prima occasione che mi vide passare un po’ di tempo da solo con Melissa, e come già sospettavo, lei non avrebbe perso tempo per continuare a marcare il mio ruolo di sudditanza e a screditare, se pur per gioco, il mio rapporto con Silvia.
Arrivato a casa sua la trovai seduta in cucina, con qualche libro sparso sul tavolo, intenta a mangiarsi uno yogurt. Vestiva una comoda tutina da casa rosa, calzettoni di spugna bianca ai piedi, che teneva raccolti sulla sedia. Non sexy, ma pur sempre bellissima. Appena io arrivai, senza neanche salutarmi, esordì:
– “La tua ragazza è una stronza”
– “Perché?”
– “Eh … ieri sera ci eravamo dati appuntamento davanti al teatro … mi ha fatto aspettare due ore”
Mentre col cucchiaio raccoglieva lo yogurt dal vasetto parlava distratta, non dando peso alle parole.
– “Ah sì, eh bè, ma ha avuto problemi con la macchina ieri, non ripartiva”
– “E quindi? è giusto secondo te che una Regina come me aspetti due ore?”
Aveva di nuovo ritirato fuori lei il Gioco della regina, e io presi la palla al balzo entrando subito nel personaggio:
– “Cosa !? Due ore? Come si è permessa … Sarà punita dalle guardie!”
– “Bravo” disse svogliata finendo il suo yogurt “Ti nomino capo delle guardie, pensaci tu”
– “Come desidera, Sua Maestà”
– “Cosa le farai?”
– “100 scudisciate sulla schiena”
– “E cosa le dirai”, ora un po’ più divertita.
– “Che ha offeso l’onore di Sua Maestà e deve essere punita”
– “Punita per l’errore, giusto … poi però dovrà richiedere il perdono, no?”
Ora seguivo io distrattamente, e mentre ero intento a tirare fuori i libri dallo zaino risposi con sufficienza:
– “Certo Regina”
– “Dovrà strisciare ai miei piedi e chiedere perdono … dovrà baciarmi le scarpe”
– “Come Sua Maestà desidera” assecondai posando un libro sul tavolo.
Melissa invece mi fissava senza staccarmi gli occhi di dosso per vedere la mia reazione e incalzò:
– “E dovrai occuparti tu di questo. Dovrai fare in modo che la tua ragazza si inginocchi e mi baci le scarpe, ok?”
Incrociai il suo sguardo.
Un sorriso enorme le si stampo in volto.
Dio com’era bella, avrei voluto per un istante realizzare quel gioco, avrei voluto essere il suo vero schiavo … e vedere Silvia, e qualunque altra ragazza, e il mondo intero, inchinarsi e baciarle le scarpe. La bellezza del suo sorriso solo questo meritava.
– “Va bene, ci penso io” tagliai corto.
– “Bravo schiavo”
– “Grazie Regina”
Come al solito il gioco finiva con questo epilogo, era una cosa automatica.
Io dovevo marcare il mio essere sottomesso con la parola Regina e lei marcava la sua posizione privilegiata con la parola schiavo.
Era così, almeno nei giochi, e di lì a presto nei sogni almeno nei miei, che noi vivevamo già il nostro rapporto di sottomissione.
Dopo quel giorno Melissa fece un passo avanti ed iniziò a continuare il nostro gioco quando mi scriveva sms.
La prima volta che lessi un suo messaggio fu una sera mentre si stava tutti in centro città, con gli amici, ad aspettarla. Lei era un po’ in ritardo quando mi squillò il cellulare:
“Schiavo, la tua Regina si è fermata in Corso Italia a chiacchierare con altra plebe. Andate avanti e mandami un sms con scritto dove siete”
Sgranai gli occhi e il cuore mi impazzì in un attimo.
Lo so, non era niente di che, e nessuno oltre a me avrebbe letto il contenuto del messaggio, ma la sola idea che Melissa si fosse presa questa libertà mi gettò in confusione. Ricordo che cancellai subito il messaggio (non si sa mai) e con un sorriso ebete dissi al gruppo che Melissa si sarebbe attardata.
Non so Silvia come prese la cosa. Ripensandoci era la prima volta che Melissa rompeva la catena di contatto diretta con Silvia passando per me.
Io dal mio canto realizzavo che stavo iniziando a mettere il piede in due scarpe ma mi comportai esattamente come farebbe ogni ragazzo nella mia posizione: fa finta di niente e tira avanti, quel che deve accadere accadrà.(continua)
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3. Progressioni
Melissa fino ad allora si era sempre limitata a giocare con me quando eravamo in privato, mai in pubblico.
Tuttavia la frequenza con la quale giocavamo in privato era ormai passata al 100%. Sistematicamente, un attimo dopo che l’ultima persona di compagnia ci lasciava esordiva col suo “Allora schiavo.”, “Dunque schiavo”, “Bene bene schiavo”, o cose così.
Più di una volta mi metteva addosso la paura che qualcuno potesse sentire. La cosa rimaneva sempre sulla demarcazione dei ruoli, io schiavo e lei Regina, e ogni volta che le rivolgevo la parola doveva essere con grande riverenza.
Una sera che Silvia era impegnata e non era uscita, la riaccompagnai da solo a casa passeggiando con lei per un’ora intera a chiamarla Regina, Maestà, e a prostrarmi verbalmente ad ogni cosa che diceva.
Melissa era evidentemente contenta della situazione e non perdeva occasione per testare ogni giorno fin dove si sarebbe potuta spingere. Io, dal mio canto, ero felice forse più di lei, nel vedere che il mio spirito feticista forse, per una volta nella vita, avrebbe avuto sbocco in un’esperienza reale, così tutto quello che facevo era assecondarla.
Un sabato pomeriggio di quel novembre ero a casa di Silvia, stavamo facendo l’amore sul suo lettone quando mi arriva un sms sul cellulare.
– “Mmm ma perché non lo spegni?” mi disse Silvia disturbata dal suono.
Silvia era veramente un’ottima ragazza, ma il suo rapporto col sesso non era chiaro e limpido. Bastava un nonnulla per agitarla, e se si agitava non le andava più di scopare, diceva che senza tranquillità non poteva godersi il momento.
Dopo lo squillo del cellulare provai con qualche frase dolce a farla riconcentrare sull’amplesso; un po’ titubante fece finta di niente e ripartimmo ad amarci. Cinque secondi dopo ricevetti però uno squillo. Era il tipico modo di fare di Melissa, che prima ti mandava un sms e poi ti faceva uno squillo per assicurarsi che lo leggessi.
Ok, era fatta. Addio scopata pensai; con Silvia che si fermò e iniziò a squadrarmi col suo sguardo seccato.
– “Vediamo chi è, dunque …”
Mi alzai, presi il cellulare in mano, e lessi:
“Schiavo, stasera vengo anch’io. La tua Regina ti ordina di venirmi a prendere alle 11 che sono senza passaggio”
Impossibile descrivere a parole l’enorme fiume di sentimenti che mi travolse.
Nell’ordine: che bello la mia Regina mi ha chiamato; cazzo addio scopata; è destino che la mia Regina decida quando io e Silvia possiamo godere insieme; ma è pazza questa a scrivermi così di pomeriggio? se avesse preso il cellulare Silvia al posto mio?; questa sera mi sente; questa sera obbedirò alla mia Regina-
Mi riportò sulla terra Silvia con il suo scocciato: “Chi è?”
Vita facile per me: “Melissa. Dice che c’è anche lei stasera, mi chiede di passarla a prendere”.
Sarà che le donne lo avvertono subito se c’è da tirare fuori gli artigli e difendere il proprio uomo dalla concorrenza, e forse perfino a livello inconscio; fatto sta che Silvia iniziò una sorta di crociata contro la povera Melissa. Lì per lì non capii se fosse nel torto o nel giusto, ma mi sentii obbligato a difendere Mel.
– “Ma che palle… ma che vuole? Ma non può farsi portare dal suo ragazzo?”
– “Luca? Guarda che si sono lasciati un mese fa”
– “E allora? potrebbe anche venire a piedi … ma perché ti deve rompere di continuo”
Mi sorprese che Silvia non sapesse che Melissa e Luca non stavano più insieme; ora mi era più chiaro che il loro rapporto si fosse incrinato, da molto amiche a poco più che conoscenti. E sapere che ero la causa di questa separazione aggiunse altra confusione a quella già provata pochi secondi prima. Inutile dire che la somma di tutta questa confusione era che mi sentivo una merda con Silvia.La sera, verso le 22.45 abbandonai il gruppo nel pub in cui eravamo e mi diressi da solo in macchina per andare a prendere Melissa. Guidavo, come al solito, in modo molto sprintoso, e giunto sotto casa di Mel mi accorsi troppo tardi che lei era già a bordo strada ad aspettarmi. Parlava al cellulare con qualcuno. Inchiodai appena la vidi, ma ciononostante arrivai lungo con la macchina e mi fermai con la portiera di dietro davanti a lei.
Mel esitò un attimo a salire, guardandomi storto per il modo spericolato con cui ero giunto, poi aprì la portiera posteriore, salì, la richiuse, e continuò la sua chiacchierata al telefono.
– “Ma scusa,” balbettai io guardandola dallo specchietto “non sali davanti?”
Staccò il cellulare dall’orecchio e apostrofò: “Vai schiavo! Vai!”.
Ripartii col gelo nel sangue. Era il primo “schiavo” detto non in privato … c’era qualcuno dall’altra parte del cellulare .. insomma … così è pesante cavolo … e poi questa cosa del guidare avanti da solo come un servitore …
A metà tragitto salutò e chiuse la telefonata.
– “Ma chi era?” chiesi
– “Schiavo, ti sei accorto che quando sei arrivato frenando hai schizzato la pozzanghera sui miei stivali?”
Per la prima volta ebbi un’erezione provocata da quel gioco che portavamo avanti da più di un mese. Era tutto, l’insieme di cose: anzi, avrei potuto anche gestire il fatto che era vestita molto sexy con mini e stivali; potevo gestire anche che ormai mi apostrofava ‘schiavo’ con una naturalezza imbarazzante, e anche che si era seduta dietro come una Regina che va servita … ma se cominciava a trattarmi da schiavo cattivo che le ha sporcato con negligenza gli stivali con sudicia acqua di pozzanghera … bè questo non riuscii a gestirlo, e il mio corpo si comportò di conseguenza.
Lei incalzò:
– “Come pensi di rimediare?”
– “Eh scusa … ”
– “Scusa un cazzo!”
Non era incazzata, ma un po’ scocciata sì. Avevo rovinato la sua mise perfetta.
“Hai un fazzoletto, qualcosa?”
– “Mhh … no”
Poi, mentre continuavo a guidare, notò la sciarpa di Silvia sul posto davanti.
– “Di chi è quella sciarpa?”
– “Di Silvia”
– “Passamela”
No questo era troppo, non poteva usarla per pulire i suoi stivali; approfittai con la speranza di prendere due piccioni.
– “No dai, piuttosto te li pulisco io con la lingua mia Regina”
Il Gioco era una cosa fantastica, potevo dire ciò che pensavo con l’alibi di nascondermi dietro allo scherzo se le cose fossero andate male per la mia dignità
– “Schiavo, tu non sei degno di pulirmi gli stivali!”
In quell’istante rimasi convinto che non passò neanche per scherzo l’idea a Mel di farmi pulire i suoi stivali con la lingua … non so. Fatto sta che si allungò sul sedile e si prese da sola la sciarpa. Poi, mentre sentivo che strofinava, continuò:
– “Dopo che me li hai sporcati poi … figurati se sei capace di ripulirmeli!”
Altri secondi di silenzio contrastati da quel strush-strush della sciarpa della mia ragazza, Silvia, che andava a ripulire macchie di fango.
– “Anzi, sei appena stato declassato a schiavo di corte indegno di pulirmi gli stivali con la lingua” e rise
– “Grazie Regina”
– “Prego schiavo”
E rigettò arricciata la sciarpa davanti da dove l’aveva presa.
Rimasi come un ebete senza dire nient’altro; sentivo che il mio bisogno di voler giocare e scherzare con Melissa, e tutta la questione dell’esperienza fetish stava distruggendo il mio ottimo rapporto con Silvia. E più che altro sentivo che stavo facendo male a lei, a Silvia, molto più di quanto non meritava.
Ma il peggio fu il viaggio di ritorno.
Finita la serata Mel si fece accompagnare da un amico, mentre io mi ritirai con Silvia da solo. Appena salita in macchina Silvia raccolse la sciarpa e se la mise al collo con naturalezza.
Sentii un buco enorme nello stomaco; la guardai prima di mettere in moto. Silvia si girò verso di me e sorrise.
Pochi centimetri sotto il suo innocente sorriso, la sciarpa mostrava una vistosa macchia di fango con briciole di terra.
Tolsi subito lo sguardo e non riuscii a guardarla di nuovo in viso.
Guidai veloce a casa evitando di rispondere alle domande di Silvia, che da brava ragazza aveva intuito che c’era qualcosa che non andava. Per fortuna non si era accorta della sua sciarpa.(continua)
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4. Capitolazione
Anche la successiva settimana passò tra la routine dello studio, e dei miei incontri con gli amici e con Silvia. Melissa in pubblico non lasciava trasparire nulla del nostro Gioco, se non le solite battutine che faceva riferite a sé stessa davanti a tutti. Gli sms invece si intensificarono, e ognuno di essi praticamente iniziava con la parola “Schiavo”. Lei usava il nostro Gioco per descrivere normali momenti di vita universitaria collettiva, tipo:
“Schiavo, la tua Regina ha fame. Senti gli altri e andiamo a pranzo?”
Ma perché no, a volte le piaceva anche farsi servire.
“Schiavo, la tua Regina ti ordina di portarle un caffè”.
Ad ogni modo ogni tanto infilava qualche frecciatina volta a distruggere il mio rapporto con Silvia:
“Schiavo, il bagno fa schifo. Mi porti qualche vestito della tua Silvia adorata che devo pulire per terra? Ahah”
Che stronza, lo sapeva che c’ero rimasto male per la storia della sciarpa. Ciononostante il suo lento imporsi sopra ogni altro mio rapporto doveva passare anche per questo tipo di offese.
Quel venerdì ci fu una morìa di influenza che tenne a casa diversa gente del gruppo, Silvia compresa. Uscimmo a bere qualcosa soltanto in tre, io Melissa e un amico comune, Marco.
La serata prosegui molto divertente, e spinti sicuramente dall’alcool fu una risata continua dall’inizio alla fine. Al momento di ritirarsi Marco sciolse la sua bicicletta e si allontanò da solo, mentre io decisi di riaccompagnare Melissa in macchina.
Non appena soli, incamminandoci verso la macchina Melissa ricominciò il nostro Gioco.
– “Che titolo potremmo dare a Marco?”
– “Non so mia Regina, di sicuro non sarebbe degno di stare alla Sua corte”
– “Nessuno qui è degno, nemmeno tu …”
– “Veramente io sono Schiavo di Corte Indegno di Pulirle gli Stivali con la Lingua” .., “Di Corte” sottolineai
Il vento freddo dell’inverno alle porte riusciva a penetrare nei vestiti fino ad insidiarsi nella pelle, e Melissa non perse occasione per approfittarne per stringersi forte a me.
– “Che freddo … se fosse caldo almeno chiederei alla mia fila di schiavi di sventolarmi con delle palme immense”
– “Sua Maestà vuole che provi a scaldarla con il mio alito?”
– “Vuoi alitarmi in faccia? Ma che sei scemo? Schiavo! Questa insolenza ti costerà 10 frustate”
– “Noo mia Regina, chiedo umilmente perdono”
– “Schiavo, aprimi almeno la portiera muoviti”
Arrivati alla macchina Melissa si fece aprire la portiera e sedette davanti. Guidando verso casa sua continuammo per tutto il tempo il Gioco. Ormai era completamente riversata in esso, e si incazzava quasi se per sbaglio uscivo dal mio ruolo. Semplicemente dovevo parlarle con grazia e rivolgermi sempre a lei con l’appellativo di Regina.
Arrivati sotto casa sua spensi il motore per continuare a chiacchierare un po’:
– “Mi cola il naso … dov’è la sciarpa della tua ragazza? Ahah”
– “Daii! Lo sai che m’ha dato un po’ fastidio l’altra volta” feci finta di essere scocciato.
– “Ma di che ti lamenti! Tu sei il mio schiavetto e devi fare tutto ciò che desidero … giusto?”
E detto questo si girò verso di me accavallando la sua gamba destra sulla mia
– “Giusto Regina” sorrisi
– “E dovrebbe essere un onore per te servirmi, giusto?”
Continuò accarezzandomi con la gamba e la scarpa.
– “Giusto Regina”
Era vestita con dei jeans e ai piedi delle decolté con tacco nere.
– “E sporcare i tuoi panni per pulire le mie scarpe, non è stato un onore?”
Mi fissava con quegli occhioni enormi, pieni di malizia e voglie.
– “Sì mia Regina, è stato un grande onore… il più grande onore che Sua Maestà potesse farmi”
Lo dissi convinto, ma celato dietro al nostro Gioco poteva ancora sembrare una semplice interpretazione dei ruoli
– “Infatti! Ti ho fatto un favore … però ti pare giusto che una Regina come me esca la sera con le calzature sporche?”
– “No mia Regina, Sua Maestà deve essere sempre perfetta e splendente”
Sorrisi, e Melissa, dopo un attimo di riflessione continuò:
– “Dovrei promuovere Marco al ruolo di schiavo lustra scarpe che si deve preoccupare che io esca la sera sempre bellissima e con le scarpe pulite … che ne pensi?”
– “Penso che sarebbe un onore troppo grande per lui, non è degno di pulirvi le scarpe mia Regina”
– “Preferiresti esserlo tu, vero? Vorresti una promozione a schiavo di corte che può pulirmi gli stivali con la lingua, vero?”
Detto questo si tirò indietro con la schiena e raccogliendo le sue gambe le stese su di me con addosso ancora le decolté. Le scarpe avevano la suola sporca, per via del brutto tempo dei giorni precedenti, il fango e la terra andarono così a macchiare i miei jeans.
– “Allora, preferisci pulirmele con la sciarpa di Silvia o con i tuoi pantaloni?”
– “No, la sciarpa di Silvia lasciala stare … ” mi incupii un attimo “e i jeans certo.. ormai me li hai sporcati” sorrisi.
Detto questo Melissa alzo la sua bellissima gamba destra fino al lato del mio viso, portando la scarpa a contatto con la mia guancia.
– “Allora magari vuoi usare la faccia?”
Per un feticista come me quella era la situazione paradisiaca.
La suola era sporca, ma non me ne preoccupai. Sentivo sulla pelle della guancia il freddo della scarpa indossata dalla mia Regina,e avere la visione di Melissa dal punto di vista di un suo piede, cioè la scarpa ad un centimetro, poi il collo del piede con la sua calza, il jeans, e laggiù in fondo, sfocata, tutto il bellissimo corpo di Melissa … tutto questo mi procurò una bella erezione; e lei se ne deve essere accorta per forza, visto che l’altro piede con la scarpa lo teneva ancora nel mio grembo.
Poi nel bel mezzo di questa scena, puntuale come un cazzo di orologio, mi squillò il cellulare. Melissa ritirò velocemente il piede dal mio viso e si tenne il ginocchio raccolto con le mani aspettando che io rispondessi. In quell’istante mi dispiacque di aver perso la mia occasione della vita, ma in fondo nulla era ancora perduto. Mi infilai la mano in tasca, ed estraendo il cellulare lessi.
– “E’ Silvia” dissi debolmente con la mezza convinzione di non rispondere
– “E rispondi !” mi disse lei sorridendo
Ci pensai un attimo su, poi intontito dalla tempesta ormonale, senza rendermi conto che stavo per fare una possibile cazzata, dissi:
– “Ok, non fiatare però” e risposi al telefono.
– “Ehi amore! ” … “Tutto ok”… “Sono in macchina, sono appena arrivato sotto casa, ho parcheggiato”
Mi facevo già schifo mentre le mentivo, e come un inutile chirurgo cercavo di dire sempre e solo frasi che prese nel loro senso assoluto non fossero una menzogna. Silvia mi tirò un attimo a parlare di cosa fosse successo durante la serata, ma visto che tagliavo adducendo motivi di stanchezza si prese la libertà di raccontarmi un film che s’era messa a vedere alla tv. Era il suo modo carino di starmi vicino quel venerdì sera prima di andare a letto, il venerdì sera che di norma ci vedeva uniti fisicamente.
Passò qualche minuto di telefonata, con Silvia che aveva iniziato a parlare a ripetizione intervallata da qualche mio “Ah!”, “Noo?”.. “Sì!” quando Melissa, annoiata dalla situazione, rilasciò la gamba che aveva tenuto a sé per tutto il tempo e tornò a stenderla su di me.
L’alzò di nuovo, riportandomela al viso.
Io continuavo a dire meccanicamente “Sì”.. “Noo” al telefono mentre fissavo pieno di voglie gli occhi di Melissa.
Lei dal canto suo iniziò, in silenzio, quello che aveva annunciato prima che squillasse il telefono: cominciò a pulirsi la scarpa sulla mia faccia.
Strusciò dapprima la punta sulla mia fronte, mentre io immobile spingevo per farle da contro spinta; poi ruotò il piedino in modo da ripulirsi tutto il bordo esterno sul contorno del mio viso. Sul volto di Melissa iniziò a stamparsi un sorriso enorme, delle risate che trattenne per onorare il silenzio, ma continuò per vedere fin dove si poteva spingere.
D’un tratto ritrasse ancora una volta il piede e mimò lentamente con le labbra come a parlare senza voce:
– “T i r a f u o r i l a l i n g u a . . .”
Eseguii meccanicamente, mentre ancora con la mano mi tenevo all’orecchio la voce di Silvia che era arrivata a raccontarmi metà film.
Di nuovo, lentamente, Melissa riportò la sua decolté in pieno volto e dolcemente appoggiò la suola della punta sulla mia lingua. I suoi occhi erano stralunati e pieni di energia, forse neppure lei credeva che sarebbe potuta arrivare a tanto, eppure era là. Un uomo le stava ripulendo le scarpe dal fango con la lingua … un suo schiavo per gioco, e per piacere a quanto pare.
Mosse incautamente la scarpa su e giù per strofinarne ogni centimetro sulla mia lingua, che ad ogni passata diveniva più sporca. Poi, d’un tratto, senza accorgermene, incalzato da Silvia, mi venne l’istinto di dire “sì”. Il problema fu che con la lingua di fuori, e una scarpa su di essa, uscì solamente un mugolio:
– “Shhiuuiì”
Accortomi subito della cazzata feci uno scatto che mi tirò su sull’attenti e allontanai da me le due gambe di Melissa. Silvia non si accorse di nulla, mentre Melissa divertita come non mai si raccolse a sé e cominciò a ridere in silenzio.
Non riuscendo a tagliare corto con Silvia, ormai partita per la tangenziale, convinta di farmi un piacere per stare un po’ insieme, il tempo scorse noioso per l’altra mia ospite, che infine, stanca della situazione, ma con ancora un enorme sorriso sul volto, mi salutò senza fare rumore e uscì dalla macchina risalendo in casa.
Quella sera finì così.
La mia prima esperienza fetish la vissi in un fugace momento di doppia umiliazione: per me che mi ritrovai a leccare la suola di una scarpa sporca, e per la mia ragazza che allegra assisteva inconsapevole all’avvenimento.
Una volta chiuso con Silvia riaccesi l’auto e nel viaggio di ritorno a casa ebbi modo di martoriarmi di pensieri: Melissa era naturalmente superiore a Silvia; era più bella, piu sexy, piu stronza … e poi aveva fatto quello che nessun’altra ragazza aveva fatto prima; aveva fatto presa sulla mia anima feticista. Era evidente che avrei dovuto scegliere di portare avanti una sola delle due storie, e nonostante i diversi anni passati insieme, non riuscivo a vedere Silvia come la ragazza che sarebbe uscita vincitrice dal duello.(continua)
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(segue capitolo 5)
Dapprima Melissa mi fece fare dono a Silvia di un altro popcorn, che aveva fatto prima cadere per terra e poi aveva passato tra i suoi piedi.
Successivamente Melissa ci chiese gentilmente un sorso della nostra Pepsi. Ricevuta la bottiglietta mi diede un leggero colpo di gomito, per farmi osservare che ci sputava dentro.
Dopo mi invitò sia a berla che a farla bere alla mia lei.
Un attimo prima dell’intervallo mi disse, sempre all’orecchio:
– “A fine primo tempo io vado al bagno, tu liberati della cagna”
Quando le luci si riaccesero e sullo schermo apparse la scritta “5 minuti di pausa” Melissa si alzò e se ne andò in bagno.
Io rimasi distrutto per un minuto, combattuto se seguirla o no.
Nel frattempo Silvia, entusiasta del film, stava ripetendo con me le battute esilaranti del film-animazione … e tutta questa sua gioia, quel bel sorriso di cui mi ero innamorato tanto tempo fa, mi fecero in un attimo dimenticare Melissa.
Giunsi alla conclusione che era realmente Silvia la ragazza che amavo.
Decisi perciò con coraggio che non avrei dato ulteriore spago a Melissa, e anzi mi presi cura di fare in modo che al suo ritorno ci trovasse appiccicati e intenti a pomiciare.
A ripensarci non so perché lo feci. Credo che rientri nel sentimento umano di voler bene a chi viene trattato male. Lo feci per Silvia non per me.
Io dentro di me sapevo che il mio posto era ai piedi di Melissa, ma avevo già fatto abbastanza a quella povera donna che era la mia ragazza, e colto da un attimo di pietà penso che non volli infierire su di lei più di tanto.
Inutile dire che tutto questo nobile pensiero decadde nel secondo tempo del film.
Melissa ritornò al suo posto e si risedette a secondo tempo iniziato.
Non mi degnò più di attenzioni, quindi feci io il primo passo.
– “Dai Regina, non potevo, lo sai …”
– “Non c’è problema”
Impossibile pensai.
– “Sicura?”
– “Non mi vedrai più, semplice.”
Il vero gelo era questo. Tutto quello che avevo provato prima non era paragonabile. Non potevo allontanarmi da tutto questo.
– “No aspetta, ti prego, non farmi questo … ho solo bisogno di più tempo”
Melissa ci pensò un po’ su e sembrò optare per darmi un’altra possibilità.
Erano passati appena 10 minuti dall’inizio del secondo tempo del film, ma Melissa si rialzò di nuovo per andare ancora in bagno. Quando tornò, poco dopo, mi disse:
– “Vai in bagno, al terzo cesso. Sotto la tazza ho lasciato le mie calze. Sporche e profumate dei miei piedi. Se vuoi continuare questo rapporto ora tu vai là, ti accucci a gattoni, te la ficchi in bocca e torni qua … e non usi le mani, le devi raccogliere con la bocca, chiaro?!”
Dissi a Silvia che sarei andato in bagno, e mi alzai di scatto.
Non pensai a quanto mi aveva detto Melissa, pensai solo che avrei avuto il tempo di pensarci dopo, nel mentre sarei andato al bagno.
Una volta arrivato, mi infilai di soppiatto nel bagno delle donne, terza porta. Mi girai e la chiusi a chiave.
Il silenzio dei corridoi vuoti di un cinema in proiezione cominciava ad assordarmi.
Mi sporsi quel tanto che bastava per notarle … ed erano lì! Sì. Un paio di calze, appoggiate per terra, sotto la tazza, sul freddo pavimento.
Bene, ora ho tutto il tempo per pensare a cosa fare.
Che faccio, lo faccio?
Sapevo che mi sarei sentito stupido se mi fossi messo in ginocchio e avessi strisciato gattoni col muso dietro alla tazza di un cesso pubblico. Ma nessuno avrebbe mai saputo se l’avessi realmente fatto.
Però un altro pensiero mi balenò in mente. Ma perché, mi dissi, perché almeno una volta nella vita non devo seguire quello che sono e lasciare da parte tutti i miei stupidi pensieri di frenaggio che continuamente mi faccio? Bene, se Melissa mi ha chiesto questo, io lo farò.
Caddi a terra in ginocchio.
E subito le ginocchia dei miei pantaloni si bagnarono del freddo e dello sporco che c’era per terra.
Perfetto! pensai, almeno avrò la prova di averlo fatto.
Gettai anche le mani a terra, feci un passo a carponi e allungai il muso.
Il bagno per fortuna non era sporchissimo, ma di sicuro non era pulito. Mi schifai, mi schifai molto. Dell’essere per terra, della tazza contro cui ero costretto a strofinarmi, di tutto insomma … tranne che di loro, delle splendide calze della mia Regina, intrise dell’umore dei suoi piedi.
Arrivai ad averle a pochi centimetri dal viso, potendone vedere da vicino le fattezze e le forme e aspirarne l’odore.
Vi affondai il viso cercando di aspirarne tutto l’odore, non molto forte per verità, ma odore di piedi c’era eccome.
Quindi iniziai un movimento di incanalamento orale.
Avevo iniziato proprio dalla parte del piede che ebbi cura di baciare e leccare leggermente; poi con un movimento ad aspirare portai quella in bocca e mi ritrovai a poter succhiare una parte più esterna.
In breve la paura di rimanere un’ora in sala con delle calze in bocca subito sparì, lasciando spazio alla paura di non riuscire a mettere tutto in bocca quell’indumento così sacro per me.
Era di fatto davvero enorme, impossibile da tenere in bocca.
Provai in tutti i modi, ma non potendo usare le mani, come impartitomi da Regina Melissa, ero costretto ad usare il muro o la tazza come contro spinta con cui interagire.
Con molti sforzi, solo dopo diversi minuti, riuscì ad infilarmi tutto l’indumento in bocca, con notevole difficoltà e diversi conati di vomito.
A quel punto mi rialzai in piedi e fissai quella tazza, che aveva assistito alla mia più grande umiliazione fino a quel momento.
Avevo la bocca piena, facevo fatica a respirare e decisi di rimanere alcuni secondi fermo per ritrovare la necessaria tranquillità.
Quindi, di soppiatto, così com’ero entrato, riuscii e tornai a sedermi accanto alla dolce Silvia, e alla mia Regina Melissa.
– “Come va?”, mi chiese subito Silvia
Ero in imbarazzo totale, non potendo dire alcuna parola, e con la costante paura che lei si accorgesse.
Feci qualche gesto col viso per dire che era tutto ok e Silvia sembrò non accorgersi della mia difficoltà, tornando a fissare il film e a stringermi la mano.
Notai che Melissa stava fissandomi intensamente e con curiosità, così mi girai e la guardai.
Mi fece un cenno col viso come a dire “fammi vedere”.
Dischiusi leggermente le labbra e per quello che intravide le se illuminarono gli occhi e un sorriso enorme le dipinse il dolce viso.
Ero schiavo di tutta quella bellezza, sentivo che avrebbe potuto fare di me ciò che voleva.
Poi Melissa mi si avvicinò lentamente:
– “Ruota la lingua, devi pomiciare con la mia calza … ahah”
Poi continuò:
– “E nel frattempo riprendi il massaggio”
Passai i restanti 40 minuti con in bocca le calze di Melissa, una bocca piena che mi rendeva impossibile ogni movimento e mi metteva la costante paura di non riuscire a respirare bene e di vomitare, con la mano sinistra in mano alla ragazza che ignara continuava ad amarmi, e con la mano destra ad accarezzare un magnifico piede nudo, dolce, delicato e morbido come la più bella pelle che avessi mai toccato.
Il film nel frattempo stava finendo e iniziai ad aver paura per l’accensione delle luci. Cosa dovevo fare con queste calze?
Non potevo rimanere così a luci accese, si sarebbero accorti tutti. Per fortuna Melissa prevenì questi miei pensieri comandando:
– “Togliti la calza dalla bocca e bacia la troia, baciala con passione. Falle sentire il sapore dei miei piedi ahah”
Con la finta di tossire verso il basso, mi tolsi velocemente le calze di bocca, e me le ficcai in tasca.
Un’immensa liberazione delle vie respiratorie mi colse a rilassarmi.
Poi senza pensarci, come una marionetta in mano di Melissa, mi voltai verso Silvia, la presi a me, e cominciai a baciarla con la lingua in profondità.
Non penso che il sapore di piedi si potesse propagare da quelle calze a quel bacio, però la scena doveva realmente apparire molto divertente agli occhi del burattinaio Melissa.
Quando il film finì, e i titoli di coda sbiadirono dietro all’accendersi delle luci di sala, la gente cominciò ad alzarsi in piedi. Noi tutti ci alzammo. Melissa si alzò per prima però e girandosi verso di me chiese ad alta voce:
– “Com’era? Buona?”
– “Cosa?” le fece eco Silvia.
– “Boona bona.. carino” dissi io glissando alla svelta
Un nuovo sorriso enorme comparve nel volto di Melissa, il sorriso di chi sa che sta dominando con perfidia un povero sfigato come il sottoscritto e la sua ancor più povera ragazza.
– “Ma buona cosa ?” continuò Sivlia
– “Ma cosa che?” dissi io seccato, “Il film! Cosa sennò? … il film ”
Silvia abbassò lo sguardo.
Continuavo a mentirle, e il risultato che ottenevo è che lei si sentisse in colpa per la sua inadeguatezza.
Ci portammo tutti fuori dal cinema, ci mettemmo a cerchio per salutarci.
Ora era notte ed era veramente calato il freddo.
Silvia continuava a stringersi a me per riscaldarsi, mentre questa volta era Melissa che con un brivido, raccolta a braccia conserte e tremando disse:
– “Brr.. sento freddo.. mi si freddano i piedini”
Povera Melissa. A quelle parole avrei voluto gettarmi sulle sue decolté nere a farle da calore col mio corpo.
Era colpa mia d’altronde, la ragazza che prima era giunta con le calze ora doveva tornare a casa senza, avendole io in tasca, tutte umidicce e sbavate dalla mia sporca saliva.(continua)
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