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La vendetta di Margherita
Solita pausa pranzo. Ancora quattro ore di lavoro e poi sarĂ² libero, inizia il fine settimana.
Sarei elettrizzato normalmente, ma in cuor mio non sono affatto sereno. Anzi, diciamola tutta, sono a pezzi e non riesco piĂ¹ a dormire. Sorrido distratto mentre i miei colleghi sparano le solite cazzate da ufficio, ma la mia testa è altrove.
Tre giorni fa Margherita è venuta a trovarmi sul lavoro, me lo ha detto il collega, mio vicino di scrivania. Voleva farmi una sorpresa, almeno così a lui aveva detto. Aveva prenotato il nostro ristorantino, quello della prima cena. Io perĂ² non ero alla mia postazione: il grande capo mi aveva chiamato in ufficio per via di alcuni problemi con una consegna urgente. Una volta tornato non l’avevo piĂ¹ trovata. Il mio collega l’aveva solo vista correre via, senza spiegazioni. Ho passato gli ultimi giorni a chiamarla, ma nessuna risposta. L’ho cercata a casa, l’ho aspettata davanti al suo portone per ore, nulla, svanita nel nulla. Non so piĂ¹ cosa fare.
Nemmeno Anna e la sua montagna di schiavo mi rispondono. Questi pensieri non mi danno pace, se continua così rischio di diventare pazzo. Eppure un’idea di cosa sia successo ce l’ho. Quando tornai in ufficio quel giorno maledetto sullo schermo del mio telefono compariva una notifica di WhatsApp:
“Le mie labbra sulle tue sono state un sogno, un sogno che si è avverato”.
Quelle parole continuano a risuonarmi in testa, come se Valentina me le avesse sussurrate all’orecchio e non scritte, non mi danno pace.
Mi alzo dal tavolo della mensa di scatto.
“Scusate ragazzi, finite con calma, io ho un lavoro che non puĂ² attendere”.
Mi guardano tutti straniti, sanno che a consegna appena avvenuta sono molto libero, quasi mi annoio, ma non do loro il tempo di rispondere. In apnea salgo i due piani che mi dividono dall’ufficio. In trance accendo il pc, sono sulle mail, inserisco Margherita come destinatario e inizio a scrivere di getto.“Margherita, amore mio, voglio spiegarti cosa è successo e perchè te l’ho tenuto nascosto.
La mia carissima amica di infanzia Valentina, l’unico mio contatto femminile prima di te, è in un momento di forte difficoltĂ .
Ha chiuso con l’unico ragazzo della sua vita dopo tre anni di storia. Anni in cui lei aveva progettato persino la lista nozze e la luna di miele. A inizio settimana avevo quindi organizzato una birra dopo cena solo fra me e lei, per metterle a disposizione il mio ascolto e un po’ di sostegno fraterno.
Avevo subito capito che la situazione era totalmente diversa da ciĂ² che mi ero prospettato. Si è presentata a gambe scoperte quasi fin sopra metĂ coscia, tacchi vertiginosi e trucco pesante. Non la riconoscevo piĂ¹, dove era la mia Valentina acqua e sapone e maglioni sformati? Poteva anche apparire una bella donna acconciata in quel modo, ma la sua anima da maschiaccio veniva fuori a ogni suo gesto e parola, rendendola ridicola in quelle vesti. Feci finta di niente e per i primi due giri di birra lei mi raccontĂ² tutte le storia di corna e di bugie che stavano sotto la loro rottura con foga e rabbia, si stava liberando di tutto. Al terzo drink il suo volto cambiĂ² di scatto, si calmĂ² di colpo, ma continuava a non essere rilassata, era una quiete, una quiete prima della tempesta. Appena allungai la mia mano, infatti, per accarezzare la sua in un gesto che voleva solo trasmetterle la mia vicinanza emotiva, la bomba scoppiĂ². Per la prima volta vidi Valentina, la parte forte del nostro duo, il carro armato che non temeva nulla, scoppiare in un pianto a dirotto. Mi avvicinai per stringerla al mio petto e soffocare questi gemiti che avevano fatto voltare tutto il locale. Ma lei a suon di pugni mi allontanĂ² subito e corse fuori dal pub. Ovviamente la seguii portandole la giacca, si gelava. Appena mi vide iniziĂ² a gridarmi contro. Farfugliava, balbettava, non si capivano le singole parole, ma il significato sì. Era arrabbiatissima con me, diceva che mi amava dai tempi delle superiori. Credeva perĂ² che le donne non mi interessassero.
Tu sai cara Marghe tutte le mie stranezze e conosci la mia timidezza, puoi immaginare come ho sempre tenuto la porta chiusa al mondo femminile. Da sempre ho paura a guardare una donna, so bene che finirei per fissarle i piedi, o, se è inverno, le mani per tentare di indovinare come sono le altre estremitĂ , e che quindi apparirei a dir poco strano. Per non parlare della mia paura dell’intimitĂ , prima di te non avevo idea di come fosse, temevo che le mie fantasie fuori dal comune indicassero una mia incapacitĂ ad avere un rapporto sessuale normale. Quindi pensare alle ragazze era fuori discussione, figuriamoci credere di piacere a Valentina che nascondeva il piĂ¹ possibile le sue forme femminili, che per me era un uomo fatto e finito. Comunque cerco di non entrare troppo nei particolari, sappi solo che mi ha recriminato 10 anni di episodi nei quali avrei dovuto capire, avrei dovuto rispondere alle sue avances che, ammetto sono un pirla, a volte erano urlate, visibili anche a un cieco. Mi sono sentito minuscolo e infame, inconsapevolmente l’ho illusa tante volte così quando mi ha chiesto se la trovavo attraente mi sono sentito immobilizzato e le ho risposto nell’unico modo in cui potevo a una ragazza in lacrime. Quando mi ha chiesto se la potevo desiderare, di nuovo, non avevo alternative, ho detto sì, volevo spiegarle che perĂ² sono innamorato di te, che non c’erano piĂ¹ speranze per lei e me, ma ormai mi era addosso. Ero in un vortice, in un incubo. Ci siamo baciati. L’ho portata a casa e il giorno dopo le ho spiegato che non c’è storia. Proprio a questo scambio di messaggi apparteneva quello che hai letto.
Lo so, dovevo dirtelo, ma siete le uniche donne che hanno significato qualcosa nella mia vita e continuo a sperare possiate un giorno diventare amiche. Non volevo sommare odio su odio. Ti chiedo in ginocchio, ti supplico, perdonami”Non ho quasi il tempo di inviare che giĂ ricevo la risposta di Margherita:
“Attendi istruzioni”Che cosa?!?! PiĂ¹ di 20 righe di mail per ricevere questo?!?!
Finalmente respiro, almeno sta prendendo in considerazione le mie scuse. Il mio cuore perĂ² quadruplica i battiti al minuto, sarĂ dura, giĂ lo so …Squilla la sveglia e vedo la notifica di un messaggio. Sono su di giri, sicuramente è Margherita! Salto giĂ¹ dal letto, ma subito il sorriso mi si spegne: è un numero sconosciuto:
“Solita ora solito posto, sali su una Fiesta nera se vuoi rivedere la tua Principessa”.
Solita ora, solito posto? Quali sarebbero? Sicuramente è riferito a me, sicuramente è la punizione che mi aspetta, ma perchè Marghe ha usato un altro numero?
Tento la fortuna, scendo alla fermata del bus, alla solita ora di quando vado a lavorare. Non ci credo, ho indovinato, c’è davvero la macchina descritta ad attendermi.
Salgo convinto, ma, appena sono dentro mi trovo solo con un uomo mai visto. Mi sorride gentilmente.
“Lei è Paolo?”
Che cazzo sta succedendo?
“Sì sono io, ma tu chi sei?”.
Sicuramente appaio poco cortese, ma sono seriamente spaventato e sto reagendo in modo aggressivo, non è da me. L’uomo sempre calmo e pacato, con questo sorriso ebete che non aiuta il mio stato d’animo.
“Sono solo l’autista di Miss Claudia, mi ha dato l’ordine di prelevarla qui e portarla nel suo dungeon”.
Queste sono tutte le nozioni che riesce a darmi durante il viaggio; lo tempesto di domande, ma è un muro invalicabile.
La cosa è semplice se voglio riavere Marghe devo stare al gioco.
Arrivo alla porta di un palazzo storico in centro cittĂ , delle scale imponenti per le quali aleggia l’eco di ogni interno. Il mio è l’interno 8, così mi ha detto l’autista. La porta è socchiusa, tanto che solo bussando si spalanca.
“Permesso …”
Sono intimorito dalla penombra che regna lungo il corridoio e dalle spesse tende di velluto che coprono le finestre. PerĂ² mi viene da sorridere, mi sembra di essere nella maschera della Morte Rossa di Poe. Una voce che definirei di donna, anche se molto bassa, mi dice:
“Avanti, ultima porta in fondo al corridoio”
Accelero il passo, voglio scoprire il piĂ¹ in fretta possibile a cosa devo andare incontro. Tanto se mi tocca mi tocca, che almeno sia veloce e indolore.
Dietro la porta mi aspetta la solita penombra, questa volta l’atmosfera è ancora piĂ¹ claustrofobica a causa del fumo che le due donne che mi attendono sputano ogni secondo fuori dalle labbra rugose. La scena mi fa ridere tanto è costruita. Le due miss se ne stanno sedute sul divanetto con aria volutamente imperscrutabile e severa, in due pose da dive, in modo da mettere in risalto i tacchi infiniti e i completi in finta pelle tanto succinti da risultare inutili. La piĂ¹ alta delle due si incupisce ancora di piĂ¹ vedendo un sorrisetto da sotto i miei baffi, non riesco a trattenerlo. Sono abituato a tutto un altro tipo di approccio, forse meno spettacolare, ma sicuramente piĂ¹ vero.
“Cosa hai tanto da ridere? Vedi che quel sorrisetto ti passerĂ presto” e finalmente, pronunciando queste parole, lo sguardo cupo le si apre in una risata sadica che un po’ mi rapisce.
Incantato come sono non mi accorgo che l’altra ragazza, una moretta gracile e piccolina, mi tira un colpo di snake dritto sul petto. E’ ben assestato, tanto che senza nemmeno accorgermene mi ritrovo caduto in ginocchio ai loro piedi e la biondona dal fisico formato armadio passa dal sorriso sadico a una risata scomposta, a bocca aperta, senza contegno. Sono abituato all’eleganza di Margherita, un po’ goffa, ma pur sempre sobria. Questa situazione radicalmente opposta perĂ² mi sta intrigando ed eccitando.
“Muoviamoci Claudia, il lavoro da fare è lungo e meticoloso” dice la brunetta alla biondona senza un minimo di spirito, la sua voce ha un timbro stridulo ed un tono che non lascia trapelare alcuna emozione. Sembrano una l’opposto dell’altra la brunetta e Claudia, e non c’è dubbio su quale delle due mi intrighi di piĂ¹.
Claudia afferra il colletto della mia t-shirt e lo tira verso l’alto. Capisco che mi vuole in piedi e decido di assecondare il volere delle mie aguzzine, in modo particolare il suo. Mi spinge verso la croce di fronte e mi sfila la maglietta. Sono un po’ imbarazzato, mai nessuna ragazza oltre a Marghe mi ha spogliato. Poi questa coi tacchi è quasi 20 cm in piĂ¹ di me e la cosa mi intimorisce, mi sento scomparire dinnanzi a lei. Sono talmente frastornato e impaurito ora che a malapena sento il click dei fermi in acciaio coi quali mi ferma polsi e caviglie. Mi afferra i capelli e tirandoli mi obbliga ad alzare lo sguardo verso di lei, verso la sua espressione soddisfatta.
“Alice puoi procedere”.
Alice, la moretta, si avvicina con un carrellino. Mi aspettavo di scorgere fruste e corde, ma non intravedo nulla di tutto ciĂ², nulla di famigliare, finchè lei non alza un telo e il cuore mi si ferma. Inspiro tantissima aria con la bocca, come se risucchiassi un urlo che non sono in grado di buttare fuori, e seppur bloccato accenno un sobbalzo all’indietro.
La profonda voce di Claudia soccorre in mio aiuto:
“Tranquillo Paolo, Alice è un’infermiera, e infatti chiamo sempre lei per questi lavori un po’ delicati. Sono tutti nuovi e sterilizzati”
Si riferisce agli aghi che ho appena visto, aghi che nemmeno posso immaginare che tra poco avrĂ² conficcati nelle carni. Uno in particolar modo è veramente lungo e spesso. Mi si gela il sangue.
Alice per fortuna prende uno dei piĂ¹ piccoli e io mi do dello scemo, dovevo immaginarlo, per essere una punizione vera doveva essere un mio limite. La mia aguzzina mi passa un po’ di cotone bagnato sul capezzolo, probabilmente per anestetizzare. Quando vedo che la zona interessata sarĂ quella perdo tutta la dignitĂ da uomo e mi esce spontaneo un urlo fortissimo, seguito da singhiozzi e pianto. Claudia mi chiude la bocca con una mano, con l’altra mi afferra il collo e mi sussurra all’orecchio.
“Quando vedi che non ce la fai piĂ¹, dì solo Margherita e noi ci fermeremo. Certo so che lei vuole questa prova come gesto di scuse, come pegno da pagare per ottenere il suo perdono. Non so se lo otterrai lo stesso, di sicuro deve vedere impegno, perchè … sì, ti sta guardando”, così dicendo si allontana e mi indica una videocamera su un cavalletto che non avevo nemmeno notato, con la tipica spia rossa lameggiante di quando si registra.
Deglutisco e mi ricompongo, tiro fuori un coraggio che non credevo ci fosse in me.
“Procedete”.
Nel dirlo guardo Claudia fissa negli occhi e lei per un secondo mi risponde con un sorriso molto diverso da quello che le avevo visto fino ad ora, privo di sadismo, ma pieno di sostegno. E’ un attimo, perchè subito gli occhi le si reilluminano di quella scintilla perversa, mentre con un cenno della testa dĂ il segnale ad Alice di procedere. Non voglio guardare, i miei muscoli sono rigidi come pietra, sono talmente contratti che non sento nemmeno tutto questo dolore, un bruciore acuto e pungente sì, ma abbastanza istantaneo. Raccolgo il coraggio e mi volto a guardare, il piccolo ago trapassa il mio capezzolo da parte a parte, non riesco a smettere di ansimare, la scena mi dĂ un fastidio atroce a livello mentale, ed il mio corpo me lo traduce fisicamente con uno strano fastidio ai denti e degli strani brividini sulle cosce. Quanto è incomprensibile il nostro corpo. E’ ora della seconda disinfettazione, nuovo capezzolo stessa tortura. Ma questa volta Claudia di nuovo mi prende per i capelli e mi tiene il viso in modo tale che possa guardare la scena di Alice che mi trafigge. Ho di nuovo la bocca di Claudia al mio orecchio:
“Prova a chiudere gli occhi e gli aghi da due diventeranno quattro” mi dice con voce ferma che non ammette repliche.
Io a malapena accenno un timido sì col capo, per quel poco che posso muoverlo.
Solito cenno tra le Miss e Alice procede. Non so proprio come riesce a infilarlo, dato che il mio petto si muove velocissimo, mi sento soffocare dall’ansia, così respiro a pieni polmoni a una velocita supersonica. La scena sembrerĂ stupida ma per me è talmente forte e spaventosa che non sento assolutamente nulla di questo nuovo inserimento a livello di dolore, ma gli strani brividi che avevo sulle cosce mi si espandono per tutto il corpo, fin nelle viscere, li sento persino alla bocca dello stomaco. Guardo preoccupato gli altri aghi, questi azzurrini erano i piĂ¹ fini, devo avere uno sguardo terrorizzato perchè Claudia mi guarda e ride iniziando a massaggiarmi pene e palle.
“Non credo a Margherita vada bene questa cosa”, la riprendo con una voce tremante ancora per la tanta emozione appena provata.
Claudia mi assesta uno schiaffo sulla guancia di quelli che ti fanno sentire i neuroni shakerarsi nel cervello.
“Forse dovevi pensarci prima a fare il fidanzatino fedele” ora il suo sguardo è veramente adirato, Margherita deve averle raccontato tutto.
Alice, non mi sono accorto, ma in tutto questo casino ha alzato un altro telo, qui sotto ci sono dei piccoli tubicini di diametro variabile … non ho dubbio sono cateteri.
Di nuovo sbianco e la salivazione cessa, mi sento asciutto, non si è solo prosciugata la mia bocca, ma la mia anima. Mi sento girare la testa. Claudia con le sue unghie lunghissime inizia a graffiarmi lungo i fianchi, In un altro contesto questo piccolo dolore mi avrebbe fatto veramente piacere, ma sono troppo impanicato.
“Sei pronto ad andare avanti per Margherita?” il sussurro all’orecchio ormai famigliare.
Cerco di dire sì, ma la voce non vuole uscire fuori. Lei sembra capire dal mio sibilo che ho acconsentito. Viene quindi lasciato di nuovo posto ad Alice che, tolti gli aghi, per fortuna questa volta posso girarmi, è veloce ma fastidiosa, mi abbassa pantaloni e boxer e mi afferra il pene con mano ferma e sicura.
Tutte queste donne che mi toccano, non ci sono abituato, è estremamente imbarazzante e io so bene come reagisco all’imbarazzo. Infatti, manco a dirsi, il pene è subito rigido.
E’ un gatto che si morde la coda, far vedere la mia eccitazione mi imbarazza, imbarazzarmi me lo fa venire duro il che mi procura vergogna, che alimenta il mio “alza-bandiera” … insomma potrei andare avanti fino a domani mattina.
“Devo averlo sul lettino, supino e a gambe divaricate”
Alice che dà le dritte a Claudia e Claudia esegue, mi libera dalle morse, mi sfila del tutto i pantaloni e mi porta su un lettino proprio da dottore, con tanto di rivestimento in carta usa e getta. Mi lega ambo le mani con due paia di manette alle gambe anteriori del lettino e entrambe le caviglie a una sbarra divaricatrice a sua volta bloccata con una corda ai piedi del lettino. Mi sento vulnerabile come non mai così nudo, bloccato a gambe divaricate di fronte a due sconosciute.
Alice mette i guanti e riparte col tampone, forse per pulirmi. Sento di nuovo Claudia afferrarmi per la testa, questa volta a due mani, sta dietro di me e me la tiene sollevata, così che possa vedere bene tutto.
“Stesse regole di prima Paolo, devi osservare tutto o saranno guai”.
Sudo freddo, i minuti sembrano non passare, mentre guardo Alice che lubrifica la sonda. Mi solleva il pene, che nonostante tutto l’imbarazzo è vinto dalla paura e si è dato alla ritirata. Che sensazione stranissima, un fastidio intenso, e mentre osservo quasi mi dissocio dal mio corpo, non posso essere io, non sta succedendo a me. Sento il sudore che mi cola sulla fronte. Ma il peggio deve ancora venire, infatti sento una strana sensazione, la pipì che mi scappa forte, e non riesco a trattenerla, sono imbarazzatissimo, ti prego non posso farla qui, di fronte a loro. Riprendo ad ansimare e Claudia sembra leggermi nella mente:
“Stiamo andando a prenderla direttamente nell’uretra, mica puoi trattenerla!”
Risata stronza che piĂ¹ stronza non si puĂ². Grazie al cielo dopo poco sento chiaramente che me la sta sfilando.
“Abbiamo quasi finito, cucciolo”
Non capisco se con queste parole Claudia voglia rassicurarmi o deridermi, è veramente dura capirla, tifa per me, lo so, ma vuole portarmi fino in fondo, fin dove credo abbia stabilito Margherita.
“Apri la bocca, su su cucciolo” con la coda dell’occhio vedo Alice armeggiare, ma non riesco a capire con cosa, di sicuro non posso sopportare di piĂ¹. Obbedisco a Claudia e lei mi infila un anello di acciaio in bocca, di quelli per tenerla divaricata, e me lo lega dietro la nuca con una fibbia. Non sono mai stato tanto immobilizzato.
Alice porge un bicchiere di plastica a Claudia.
“Ora ti bevi almeno parte del pasticcio che hai appena fatto” e alle parole della sua socia per la prima volta anche Alice ride.
Il disgusto mi sale, non ce la faccio piĂ¹ e inizio a piangere, voglio implorarle, ma non posso parlare e così mugugno.
Alice mi prende la mano, mentre Claudia dice:
“Se vuoi smettere che non reggi piĂ¹ stringi due volte di fila la mano di Alice”
Faccio sì con la testa, manca poco mi ripeto in testa, devo farlo per Margherita. Oddio che schifo il liquido è salato e caldo e mi viene da vomitare al sol pensiero. Come se non bastasse non posso nemmeno buttarlo giĂ¹ e dimenticarmene, perchè a bocca spalancata non posso deglutire. Guardo Claudia con gli occhi del disgusto, ma in lei non vi è la minima pietĂ , anzi vedo che le si gonfia il giĂ prosperoso petto dall’autocompiacimento. E mi lascia lì così distrutto, torna con una candela e l’ago piĂ¹ grosso del carrello, lo riconosco subito dal colore bianco inizio a dimenarmi. Un terrore così non pensavo di poterlo provare. Lei passa l’ago sulla candela e si dirige verso la mia parte intima. Un bruciore acuto invade le mie palle.
Sto scoppiando lo so … sto scoppiando lo so … mi divincolo come un pazzo, ma dall’ansia non ricordo piĂ¹ cosa dovevo fare per fermare tutto … sono nel pallone… ed esplodo in un pianto a dirotto. Per fortuna Claudia smette.
“Abbiamo finito” e Alice mi sgancia la fibbia. Subito sputo tutto a terra, non me ne frega piĂ¹ nulla.
“Non mi hai nemmeno anestetizzato stronza!” urlo contro Claudia.
Troppe emozioni, non reggo piĂ¹, sto per collassare e le palle a differenza dei primi aghi continuano a bruciare.
“Ma non te l’ho infilato scemo, ti ho solo bruciacchiato un pĂ² la pelle passandotelo”
Mi calmo. riesco a frenare i singhiozzi, almeno ora so cos’è, mi guardo e sono tutto intero, niente sangue e niente segni. PerĂ² il bruciore resta.
Sento il cigolio della porta e compare Margherita, ha anche lei le lacrime agli occhi. Mi precipito in ginocchio ai suoi piedi, prendo la prima cosa di lei che mi capita, la sua mano, e gliela riempio di baci.
“Scusami amore”
Solo questo riesco a ripetere, nemmeno mi sento di guardarla in volto. E’ lei a sollevarmi il volto e lì vedo che sta piangendo piĂ¹ di me.
“Non farlo mai piĂ¹…” cerca di dirmi tra i singhiozzi, capisco, nonostante le parole siano difficili da distinguere vista la sua commozione.
“Mi hai fatto vivere per giorni la mia peggiore paura! Lo sai che puoi uscire con chi vuoi, ma il punto è la sinceritĂ . Non me lo hai detto, non mi hai parlato di un fatto importante. Inoltre i tuoi doveri sono solo verso di me, capisco ti dispiaccia per la tua amica ma … non era comunque un buon motivo per non staccarla. Tu mi hai fatto vivere il mio peggior incubo: la paura di perderti e io ti ho reso soltanto una minima parte di ciĂ² che ho provato. Il mio calvario è durato giorni, il tuo una mezz’oretta, ma proprio perchè voglio che questo sia un MAI PIU’ dovevo fartene assaggiare un pezzo”.
Io sono imbambolato a guardarla, non so che dire, ha ragione, sono stato un cretino. Per fortuna il suo sorriso si illumina.
“Tu sei solo mio!”.
La frase piĂ¹ dolce del mondo.
A casa facciamo l’amore, lo facciamo intenso come nemmeno la prima volta … e ripensando a cosa è accaduto sono felice di aver resistito fino alla fine per lei, solo per lei.
Il giorno dopo cerco Miss Claudia sui social e le mando un semplice messaggio:
“Grazie “
So che sorriderĂ felice nel leggerlo.
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