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Clarissa E Padrona Trav
Sono Clarissa, o almeno lo sono di nuovo. Per anni ho soffocato quella parte di me, sepolta sotto il peso di un matrimonio che mi ha spezzato, di una vita che non mi apparteneva. Ho bruciato tutto: i tacchi, le parrucche, i perizomi che mi stringevano il cazzo in un abbraccio che era insieme dolore e piacere. Ma Clarissa non è mai sparita davvero. Era lì, nascosta, pronta a riemergere come un fuoco che brucia sotto la cenere. Quando il mio matrimonio è finito, quando ho finalmente potuto respirare di nuovo, ho capito che era il momento. Clarissa doveva tornare, e io volevo essere la sua troia, la sua schiava, la sua creatura di piacere.Non ero più la giovane travestita di un tempo. Gli anni mi avevano arrotondato i fianchi, reso il corpo più morbido, ma il desiderio era ancora lì, più forte che mai, un chiodo fisso che mi trapassava l’anima. Non avevo più l’occorrente per trasformarmi: solo un paio di collant strappati e un perizoma rosso che avevo salvato dalla distruzione. Così, mi iscrissi su Annunci 69, ma non come Clarissa. Non potevo. Non avevo i mezzi per essere la troia che ero stata. Creai un profilo da gay, un nome qualunque, ma dentro di me gridavo il mio vero nome.Gli incontri furono deludenti. Uomini rozzi, frettolosi, che non capivano il mio bisogno di essere posseduta, usata, comandata. Io volevo una mistress, una padrona che mi piegasse, che mi facesse sua. Sognavo Padrona Trav, una figura che aveva invaso i miei pensieri, un’ossessione che mi faceva segare ogni notte immaginando il suo frustino sulla mia pelle, il suo cazzo nella mia bocca. La contattai, ma mi ignorò. Ero furiosa, ma non imploro. Io mi sottometto. Dopo mesi, ci riprovai, e lei mi spiegò che non ero all’altezza: voleva trav esperte, trasgressive. Io non lo ero, non ancora.Poi incontrai Marina, una sorellina come me, un po’ cicciottella, una schiava del piacere rifiutata dalle altre. Con lei trovai un’intesa, un desiderio condiviso. I nostri incontri erano caldi, sudati, ma non mi bastavano. Clarissa voleva di più, voleva Padrona Trav. Un giorno, non potendone più, ne parlai con Marina. Lei, con un sorriso complice, mi disse che conosceva Padrona Trav, che era stata la sua schiava in passato. Mi promise di aiutarmi, ma a una condizione: dovevo accettare un incontro con un ragazzo giovane, una cosa che non avevo mai voluto fare. Ero titubante, ma cosa avevo da perdere? Se significava avvicinarmi a Padrona Trav, avrei fatto qualsiasi cosa.Una settimana dopo, Marina mi chiamò. Aveva affittato un B&B e mi diede l’indirizzo. Il mio cuore batteva forte mentre mi dirigevo lì, con il perizoma rosso che mi stringeva sotto i jeans e i collant che frusciavano a ogni passo. L’odore del mio profumo, un mix di gelsomino e muschio, mi avvolgeva come una promessa. Quando arrivai, chiamai Marina, che mi disse di salire. Entrai e la trovai trasformata: indossava un completo di latex nero che le aderiva come una seconda pelle, il suo profumo di vaniglia e cuoio riempiva l’aria. Sul comodino c’era un arsenale di giocattoli: falli, corde, lubrificante. Vicino all’armadio, su una stampella, un vestito di latex nero. “È per te,” disse Marina. “Mettitelo. Voglio che tu sia una troia perfetta per stasera.”
Mi aiutò a trasformarmi. Il latex mi avvolse come una carezza crudele, stringendomi il cazzo e facendomi sentire vulnerabile. Mi fece indossare un paio di stivaloni rossi con tacchi alti, che mi rendevano instabile ma oscenamente sexy. “Che bella troia,” disse, guardandomi con occhi che brillavano di desiderio. “Proprio come piace a Padrona Trav.” Non capii cosa intendesse, ma non chiesi spiegazioni. Mi stesi sul letto, e Marina iniziò a fotografarmi. Mi fece succhiare un fallo nero, leccarlo, mentre il flash del suo telefono immortalava ogni momento. Il sapore del silicone era freddo, artificiale, ma mi eccitava sapere che quelle foto avrebbero potuto attirare Padrona Trav.Dopo mezz’ora, Marina mi disse di ricompormi. “Sta arrivando il nostro ospite,” annunciò. Pochi minuti dopo, un ragazzo di circa trent’anni entrò nella stanza. Era bello, con un corpo scolpito e un’energia che mi sorprese. Pensai che avesse qualche difetto, magari un cazzo piccolo, ma quando si spogliò, lanciando gli slip in aria, vidi un cazzo grosso, turgido, già duro. Si stese sul letto e ci ordinò di leccarglielo. Marina si avventò su di lui, avida, lasciandomi poco spazio. Il suo odore, un misto di sudore e sapone, mi colpì mentre cercavo di avvicinarmi. Il ragazzo, con voce autoritaria, la fermò: “Basta, fai succhiare anche la tua amica.”
Mi inginocchiai, prendendogli la cappella in bocca. Il sapore era intenso, salato, con un retrogusto di muschio che mi fece gemere. Leccai le sue palle, morbide e pesanti, mentre Marina faceva lo stesso. Poi, con un tono che non ammetteva repliche, ci ordinò di fermarci. “Marina, a pecorina,” disse. Lei obbedì, porgendogli un preservativo. “Clarissa, lubrifica il suo culo.” Mi chinai, leccando il buco di Marina. L’odore era caldo, intimo, un mix di sudore e gel. Poi mi ordinò di leccargli il cazzo con il preservativo. Il sapore dell’olio era disgustoso, ma lo feci, sentendo la mia saliva mescolarsi al lattice.Il ragazzo penetrò Marina con un colpo deciso, e i suoi gemiti riempirono la stanza, un suono crudo, animalesco. Ci ordinò di baciarci, e le nostre lingue si intrecciarono in un bacio osceno, da troie in calore. Il ragazzo non resistette a lungo: si tolse il preservativo e ordinò a Marina di succhiarlo fino a farlo venire. “Clarissa, succhia il cazzo di Marina,” disse. Lo feci, ma il suo cazzetto era piccolo, difficile da gustare. Quando il ragazzo venne, la sua sborra schizzò nella bocca di Marina, che gemette di piacere. Anche lei esplose nella mia bocca, un fiotto caldo e salato che ingoiai senza esitare. Ma io ero rimasta a bocca asciutta, senza essere scopata. Il ragazzo promise di tornare con un amico, ma non si presentò. Era tardi, e io dovevo andare. Marina mi disse di postare le foto su Annunci 69 e contattare Padrona Trav.
“A lei piacciono queste cose,” disse con un sorriso. Feci come mi aveva detto. Postai le foto e contattai Padrona Trav. Quando Padrona Trav le vide, mi rispose: “Ok, puoi andare. Ma devi migliorare. Chiudi quell’account da gay e creane uno da trav. E il nome te lo do io.” Ma io volevo essere Clarissa, così usai il mio vecchio nickname. Seguii ogni suo ordine: compravo lingerie, parrucche, tacchi, tutto ciò che mi diceva per apparire trasgressiva. Mi travestivo ogni giorno, inviandole foto e video. Era diventata la mia padrona virtuale, e io ero felice, anche se non l’avevo mai incontrata. Passavano i mesi, e il nostro rapporto cresceva. Chiacchieravamo per ore, e capii che amava la trasgressione, il controllo. Un giorno mi disse che sarebbe passata dalle mie parti. “Voglio un pompino con ingoio,” disse. “E dovrai pulirmi fino all’ultima goccia.” Non esitai: “Quando vuoi, Padrona.”
Era il 10 gennaio quando arrivò. Mi chiamò perché non trovava il mio indirizzo, e scesi in cortile per accoglierla. Quando la vidi, il cuore mi si fermò. Era imponente, alta, con stivaloni di pelle e un completo da mistress che urlava autorità. Il suo profumo, un mix di cuoio e rosa, mi colpì come una frusta. Ci scambiammo un saluto formale, ma l’aria era carica di tensione. Entrammo nel mio appartamento, e finalmente ruppero il ghiaccio. Mi regalò un paio di décolleté rosse a spillo. “Ti voglio come piace a me,” disse.
Andai in camera a prepararmi, indossando un completo di pizzo nero, calze a rete e i tacchi rossi che mi aveva dato. Mi truccai come lei voleva: eyeliner carico, rossetto scarlatto. Quando tornai, lei era pronta, una visione di potere e desiderio. Posizionò il telefono per filmare l’incontro, e io sentii un brivido. Mi sedette accanto, mi baciò, e il suo sapore, un misto di menta e fumo, mi fece girare la testa. “Così mi piacciono le trav,” disse, spingendomi sul letto.
Il momento in cui Padrona Trav tirò fuori il suo cazzo, grosso e turgido, fu come se il mondo si fermasse. Ero inginocchiata sul letto, il latex nero che mi stringeva come una seconda pelle, i tacchi rossi a spillo che mi rendevano instabile, vulnerabile, ma oscenamente viva. Il suo profumo, un misto di cuoio e rosa, mi avvolgeva, mescolandosi all’odore acre del gel lubrificante e al calore del mio stesso sudore. La stanza era un caos di suoni: il crepitio del suo respiro, il fruscio del latex contro le lenzuola, il battito del mio cuore che sembrava voler esplodere. Mi guardava con occhi che bruciavano di desiderio e autorità, e io, Clarissa, ero pronta a darle tutto.“Non hai capito, troia,” disse, con una voce che era un coltello affilato di comando. “Mi devi succhiare il cazzo, ma non mi far venire. Dopo voglio il tuo culo.” Presi il suo cazzo in mano, sentendo la sua durezza pulsare sotto le dita. L’odore era forte, un misto di sudore e muschio che mi fece tremare di desiderio. Lo portai alla bocca, leccando la cappella lentamente, assaporando il gusto salato della sua pelle, con una nota amara che mi fece gemere. Succhiavo con devozione, la lingua che scivolava lungo l’asta, il suono umido dei miei risucchi che riempiva la stanza come una sinfonia oscena. Mi afferrò la testa, spingendomi più a fondo, e per un attimo pensai che mi sarebbe soffocata. Ma io volevo di più. Ero Clarissa, la sua puttana, e volevo essere usata fino a spezzarmi.“Brava,” ringhiò, togliendomi il cazzo dalla bocca con un movimento brusco. “Ora a pecorina.” Obbedii, il cuore che martellava, il latex che scricchiolava contro la mia pelle. Sentii il freddo del gel sul mio buco, un odore chimico che si mescolava al suo profumo. Con un colpo deciso, affondò il suo cazzo nel mio culo. Il dolore fu immediato, acuto, come un fuoco che mi squarciava dall’interno. Urlai, ma il suono si perse nel cuscino in cui avevo affondato la faccia. “Non fiatare, troia,” ordinò, e io mi morsi le labbra, lasciando che il dolore si trasformasse in piacere, un piacere profondo, viscerale, che mi faceva tremare. Ogni spinta era una coltellata, ma anche una carezza, un misto di agonia ed estasi che mi faceva perdere il senso di me stessa.Mi scopò con una furia che mi spaccava, ogni colpo più profondo, più intenso. Sentivo il suo cazzo riempirmi, allargarmi, sfondarmi. Il suono dei nostri corpi che si scontravano era crudo, animalesco, un ritmo che si mescolava ai miei gemiti e ai suoi grugniti di piacere. Il latex mi stringeva, i tacchi mi facevano scivolare, e il mio cazzo, intrappolato dal pizzo delle calze, pulsava disperato. Poi, senza preavviso, un’onda mi travolse. Il mio culo si contrasse attorno al suo cazzo, e venni senza nemmeno toccarmi, un orgasmo anale che mi fece urlare. La sborra schizzò sul lenzuolo, calda e densa, e il suo sapore mi arrivò indirettamente, mescolato all’odore di sudore e cuoio che impregnava la stanza. “Brava, puttana,” disse, senza fermarsi. “Ma non ho finito con te.”Mi fece voltare, spalancandomi le cosce con una forza che mi fece sentire fragile, posseduta. Mi penetrò di nuovo, guardandomi negli occhi. “Ti piace il mio cazzo, vero?” disse, sculacciandomi con una mano. Ogni colpo era un’esplosione di bruciore, ma anche di piacere, e io annuii, la voce persa in un mare di gemiti. Il suo cazzo era enorme, un palo che mi sfondava, mi distruggeva. Mi scopò in ogni posizione, tirandomi i capelli, spingendomi la faccia contro il materasso, e ogni movimento era un viaggio più profondo nel piacere e nel dolore. Sentivo il mio culo spaccato, aperto, ma ogni spinta mi portava più vicina a un altro orgasmo. Quando arrivò, fu ancora più intenso del primo. Il mio corpo tremò, il mio cazzo esplose di nuovo, schizzando sborra sul mio ventre, sul latex, ovunque. Il sapore della mia sborra mi arrivò sulle labbra quando mi leccai istintivamente, un gusto salato e caldo che si mescolava al caos di odori nella stanza.
Ma Padrona Trav non era ancora soddisfatta. Si staccò da me, lasciandomi ansimante, il culo dolorante ma bramoso di più. Frugò nel suo borsello e tirò fuori un oggetto che mi fece sgranare gli occhi: un plug anale da 6 cm, con una gemma rossa che brillava alla luce delle candele. “Questo è per te, Clarissa,” disse, con un sorriso crudele che mi fece fremere. “Un regalo per la mia troia perfetta.” Lo tenne in mano, facendolo luccicare, e l’odore del metallo freddo si mescolò al calore della stanza. “Lo porterai tutto il giorno, e lo toglierai solo stasera. Voglio che tu senta me, sempre, ovunque andrai.”Si avvicinò, spalmando altro gel sul mio buco già sfondato. Il freddo del lubrificante mi fece rabbrividire, ma ero pronta. Mi ordinò di mettermi a pecorina di nuovo, e io obbedii, il cuore che batteva all’impazzata. Appoggiò la punta del plug al mio ano, e il primo contatto fu un altro colpo di dolore, ma era un dolore che desideravo, che mi completava. “Rilassati, troia,” sussurrò, e io lo feci. Spinse lentamente, e il plug mi aprì, centimetro dopo centimetro, allargandomi in un modo che mi faceva sentire spaccata, distrutta, ma viva. Gridai, ma il suono si trasformò in un gemito quando il plug si sistemò dentro di me, la gemma rossa che scintillava tra le mie chiappe. Il peso del plug era costante, un promemoria del suo dominio, e ogni movimento mi faceva sentire il mio culo sfondato, pieno, posseduto.“Brava,” disse, accarezzandomi il viso. “Ora sei davvero mia.” Mi fece alzare, e il movimento del plug dentro di me mi strappò un altro gemito. Mi baciò, un bacio profondo, appassionato, che sapeva di menta, fumo e sborra. La sua lingua si intrecciò con la mia, e io mi persi in lei, nel suo sapore, nel suo odore. “Ora finiscimi,” ordinò, stendendosi sul letto. “E ingoia ogni goccia.”Mi inginocchiai di nuovo, il plug che mi premeva dentro, amplificando ogni sensazione. Presi il suo cazzo in bocca, succhiandolo con una passione che non sapevo di avere. Il sapore era intenso, salato, con una nota di gel che si mescolava al suo. Lo leccavo con devozione, la lingua che scivolava sulla cappella, le mani che accarezzavano le sue palle. Il suono dei miei risucchi era osceno, un ritmo che si mescolava ai suoi gemiti e al crepitio delle candele. Mi scopò la bocca con una forza che mi fece quasi soffocare, il suo cazzo che pulsava contro la mia gola. Quando venne, fu un’esplosione. La sua sborra mi riempì la bocca, calda, densa, con un sapore forte, quasi metallico, che mi scivolò sulla lingua e lungo la gola. Ingoiai ogni goccia, leccandola fino all’ultima, come mi aveva ordinato. Continuai a succhiare, pulendo il suo cazzo con la lingua, assaporando ogni residuo del suo piacere. Il plug dentro di me amplificava tutto, rendendo ogni movimento un’onda di piacere e dolore.Crollammo insieme sul letto, sudate, con il trucco sbavato e il latex che ci aderiva alla pelle. L’odore della stanza era un miscuglio di sborra, sudore, cuoio e cera. Mi baciò di nuovo, e il sapore della sua bocca si mescolò al mio, un gusto che era noi, che era Clarissa. “Sei stata perfetta,” disse, con un sorriso che era insieme crudele e tenero. “Porta il plug tutto il giorno. Ogni volta che lo sentirai, penserai a me.” Annuii, il cuore pieno di lei. “Sì, Padrona,” sussurrai, la voce rotta dall’emozione.Ci ricompommo, ma il plug rimase dentro di me, un peso costante che mi faceva sentire posseduta, marchiata. Quando ci salutammo, mi disse: “La prossima volta berrai il mio piscio da un bicchiere.” Annuii, pronta a tutto. “Sempre ai tuoi ordini, Padrona,” risposi. Qualche giorno dopo, mi chiamò per dirmi che aveva postato il video del nostro incontro su Annunci 69, intitolandolo “Padrona e la sua troia”. Era ancora sul suo profilo, e io mi sentii orgogliosa, completa. Clarissa era tornata, e io ero sua, di Padrona Trav, del piacere, del dolore. Il plug mi accompagnò tutto il giorno, ogni passo un ricordo di lei, ogni movimento un’eco del mio culo spaccato, sfondato, ma appagato. Solo la sera, come mi aveva ordinato, lo tolsi, e anche allora, il vuoto che lasciò fu un altro tipo di piacere, un altro modo di appartenere a lei.
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